lunedì 21 maggio 2012

Truffe di persona a persone

Truffe di persona a persone
O per meglio dire, “truffe a domicilio”. Per spiegare quello che è successo a questa giovane e poco ignara coppia, che si è vista suonare il campanello di casa durante un non meglio precisato lunedì mattina. Ma procediamo con ordine. Perché quando la tv ti propone un Servizio spensierato in apparenza, è come se tu inconsciamente dicessi: “Ma allora era tutto vero!”. Com’è vero che è proprio lui a rispondere al citofono, mentre dall’altra parte una signora falsamente distinta gli fa: “Guardi che deve assolutamente scendere”. Forse a voler indicare l’obbligo prima della catastrofe. E prosegue ammettendo che “il nuovo Governo pretende che ogni cittadino cambi al più presto il gestore che fornisce a lui e a tutta la sua famiglia chili e chilowatt di energia elettrica”. In favore di un contratto che è lei stessa a proporci, ovviamente. “Perché altrimenti si corre il rischio di pagare una grossissima penale alla fine dell’anno in corso”. Quindi l’unica soluzione possibile è firmare – punto - ma prima… “Scendo”, penso. Proprio perché la (STORY)* questa volta non è esattamente una novella. E lì prontamente mi faccio subito consegnare lo stesso foglio che avrei dovuto firmare all’istante e… Boom(!), me lo tengo. Spiegandole che sono perfettamente conscio della suddetta truffa. Con un documento che ha la valenza di una succinta fotocopia stampata alla rinfusa. Mentre mi avverte che avrebbe chiamato “giustamente” le Polizia, se non le avessi riconsegnato immediatamente quel “coso” malridotto, e io: “No, la chiamo io!”. Dopodiché evapora così, peggio di un trucco uscito assai male. Quindi, ricordandovi che non esiste nessun obbligo e soprattutto nessun nuovo gestore da contattare – se non per vostra scelta personale – diffidate di questi fantomatici individui. Soprattutto se il tizio diventa da prima insistente e successivamente volgare. Dalla serie, “meditate, gente. Meditate”. O forse no? (il Novellista)

In copertina: energia ben poco rinnovabile.

domenica 20 maggio 2012

Baciato dalla fortuna, viene emarginato dal sole


Baciato dalla fortuna, viene emarginato dal sole
Dal sole e dal deserto, oltretutto. Per spiegare quello che sta succedendo in questo preciso istante a un quarantacinquenne originario di Livorno, finito più volte tra le pagine della Cronaca locale barra mondiale – e, a quanto pare, presto nel Guinness dei Primati – perché a conti fatti è anche l’uomo più fortunato del mondo. Ma procediamo con ordine. Come quando è riuscito a vincere ben 50 Milioni di Euro grattando un semplice biglietto di cartone, per altro senza nemmeno averlo comprato lui stesso. E dire che il premio massimo era di “soli” 500 mila. Sempre Euro. O come quando, facendo un banalissimo buco con il trapano all’interno delle banalissime mura domestiche, oltre la parete di casa cosa (ti) scopre? Un vecchissimo vaso contenente un migliaio o forse più di “didracmi” d’argento e bronzo, ossia un sacco pieno di monete romane coniate in Campania nel III secolo avanti Cristo. Fino ad arrivare ai giorni nostri quando - accusato ingiustamente durante un succulento viaggio all’estero di essere un mero trafficante di cime di rapa - viene dichiarato al pari di un “nemico pubblico dell’Africa settentrionale”. E in due ore condotto nel centro del deserto. Con il meteo che probabilmente avrebbe fatto il suo fortunoso corso. Idem per lui, che da prima sarà giudicato non colpevole, poi rigorosamente graziato. Passando infine per le vie di un maxi risarcimento in denaro. Nel momento stesso in cui le nuvole sembrano essere lì lì per esplodere. Mentre lui, sempre in attesa di quelle proverbiali lacrime dal cielo, promuove un pallido pensiero tra le intercapedini stagionate. Quasi fosse la più banale delle notizie scandalistiche: “L’uomo più fortunato del mondo è incatenato per le mani e per i piedi in mezzo al deserto del Sahara. Quand’ecco che iniziano a piovere”. Iniziano? Sì, delle rane. O forse no? (ilNovellista)

In copertina: “Attenzione, cammelli in caduta libera!”

sabato 19 maggio 2012

Ecco il gran visir di tutte le paure


Ecco il gran visir di tutte le paure
O meglio, il contenitore di tutte le fobie. Per spiegare quello che sta succedendo in questo preciso istante nella testa di qualche ignaro passante, che credeva di essere sano peggio di un pesce sano, mentre ora, ahimè - leggendo queste poche righe – dovrà ingiustamente ricredersi. Poiché scoprirà di essere affetto da una qualche fobia che prima non pensava nemmeno lontanamente di avere. Signori miei, rullo di tamburi: la “nèktarofobia”. Ma procediamo con ordine. Facendo da subito un piccolo excursus etimologico della parola “nectar” – intesa come la controparte italiana di “nettare”, cioè ripulirsi – e di “nèktar” (dal greco “nèkros”, ossia “morte”, e da “terèo”, che sta invece per “proteggere”). Ma a noi interessa maggiormente la versione latina, che non leggermente quella greca. Ricordandovi che il termine “fobia” deriva direttamente dal greco (esattamente da “φόβος, ossia "paura"), e indica un malessere continuo e persistente che si attiva specificatamente quando la ragione umana è solita crollare a zero. A zero o quasi. O come quando, in matematica, ti parlano di “proporzionalità inversa”: al salire di uno, l’altro scende. E viceversa. Solo che adesso qualcuno potrebbe giustamente chiedersi: “E quindi?”. E quindi… è presto detto: “Dicesi ‘nèktarofobia’, la paura inconscia di doversi ripulire la suola delle scarpe dopo ‘aver fatto scopa’, ossia dopo aver calpestato una merda bella potente in mezzo alla strada”. Quindi è giusto parlare paura “bi-fasica”? Sì, per il senso di vittoria da una parte, e gli sbalzi dovuti all’incazzatura dall’altra. Proprio per un discorso di pulizia e di attrezzi di fortuna trovati in giro per la strada. E la puzza, poi, a far da collante. Per la serie, “aboliamo la scarpa fatta a carrarmato”. Concludendo, portatevi sempre dietro lo stecco del gelato. Questo in Estate. “E in Inverno?”. Oh, e in Inverno… non lo so. O forse no? (il Novellista)

In copertina: l’inizio della Storia.

venerdì 18 maggio 2012

Supermercato in svendita totale

Supermercato in svendita totale
Forse una scritta che bene male noi tutti vorremmo leggere, almeno una volta nella vita. Chi più, chi meno da lontano. Ma quello che sta succedendo in un piccolo paesino alle porte di Brescia, pur nella sua incredulità più totale, corrisponde solamente al vero.  Ma procediamo con ordine. Per spiegare quello che avviene in questa specie di supermercato dove, forse per sconfiggere una volta per tutte la cosiddetta crisi, gli amministratori delegati hanno quindi deciso – vuoi per una strategia di mercato, vuoi come il più classico specchietto per le allodole – di cominciare a vendere prodotti che sono “generalmente” buoni. Notare le virgolette. O meglio, dei prodotti da consumare “preferibilmente”. Punto. Ma il punto è che una nuova normativa redatta dal Sindaco in persona dice esattamente questo: “Un prodotto è vendibile ancora, sì, basta che non puzzi”. Con il sottotitolo, messo bene in evidenza: “Quindi chi ci vieta di vendere prodotti a basso prezzo, che sono ancora teoricamente buoni?”. Ecco, appunto. Perché è questo che succede, con spese che vanno prenotate addirittura intere settimane prima. Se non mesi. Prima, per non rischiare di trovarsi il carrello palesemente vuoto. O scaduto, è uguale. Come lo slogan: “Spendi meno, se spendi prima”. Prima che scada, ovviamente. Però intanto nessuno si è ancora lamentato, quindi… Perché smettere? O magari qualcuno è morto e… nessuno lo sa. Per non dire che nessuno lo ha ancora scoperto. Però intanto da domani partirà la raccolta a punti, legata in gran parte al reparto surgelati. Dove ogni Euro speso darà diritto al classico Bollino. Ottenuto grazie all’acquisto di certi prodotti specifici. Buoni, ok, seppur… diciamo stagionati, ecco. Ah, dimenticavo. C’è pure lo slogan: “Dai, vinci anche tu! I biglietti per la Finale del Campionato del Mondo ti aspettano!”. Sì, quella di Spagna ’82. O forse no? (il Novellista)

In copertina: acquirente che cerca disperatamente in tutti i modi di accaparrarsi l’ultimo esemplare di “salmone caramellato”.

giovedì 17 maggio 2012

Nella vita, l’importante è avere orecchio


Nella vita, l’importante è avere orecchio
Parafrasando una nota canzone di un noto cantante milanese. Per spiegare quello che è successo in un piccolo negozietto alle porte di Bologna, dove un piccolo omettino sulla cinquantina è solito recarsi ogni due settimane all’incirca, per il solito taglio di capelli. E questo fino a pochi giorni fa, quando qualcosa – come si dice in certi casi – è andato “leggermente” storto. O meglio, perduto. Ma procediamo con ordine. Sono le 10 e 41, quando Giovanni – questo il nome del cliente barra paziente – chiede a Tommaso, il barbiere di fiducia, di “farglieli un poco più sfumati sulla destra”. Quindi una richiesta tutto sommato fattibile. Ma Tommaso non sembra gradire poi molto, quasi volesse urlargli contro: “Il barbiere sono io, e te li taglio come voglio io”. Punto. Ed è lì che, forse più scorticato del previsto, prende forbice e rasoio e… “Zap!”, quando taglia di netto l’orecchio destro del suo assistito. Con il poverino che, senza lobo e senza neanche diritto di replica, inizia a rantolare sul pavimento come un piccolo ossesso. Per colpa di un dolore che, a dire il vero, è assai poco. Tant’è che il “mutilato” lì per lì non se ne accorge nemmeno. Per la serie, “dovevo pur costruire una scena plausibile in qualche modo”, o no? Ecco, appunto. Per dire che se ne accorge sì, ma solo nell’attimo stesso in cui Tommaso, forse un po’ troppo intimorito, gli fa: “Scusa, puoi reggere qui un secondo?”, e l’altro, stupefatto, “ma cos’è?”. “Come cos’è? Non vedi che è il tuo orecchio?”. “Ma come il mio orecchio? Caspita, hai ragione. Grazie”. Fino all’immancabile conto: “Shampoo, doppio taglio… Sono 20 Euro tondi tondi”. Ah, dimenticavo. Più la soprattassa per il punto “croce” che ti ho fatto, quando ho dovuto ricucirtelo alla testa… Fanno 30, contento? O forse no? (il Novellista)

In copertina: Tommaso’s, The Barber Shop. (In realtà, fotografia di Eva Martins).

mercoledì 16 maggio 2012

Contro la crisi, ecco l’idea: “Una nuova banconota”


Contro la crisi, ecco l’idea: “Una nuova banconota”
O meglio, una vecchia banconota che noi tutti bene o male conosciamo. Senza per altro averla mai vista dal vivo. Per spiegare quello che succede. Punto, non c’è bisogno di andare troppo avanti. Perché il punto – quello vero – è che qualcosa succederà a breve. Quando parlo dell’introduzione di una nuova banconota cartacea da ben “zeroEuro. Come dite? Sì, avete letto bene: zero. E mai valore fu più significativo di questo. Per la serie, “dove non ci arriva il Fisco, è la psicologia ad arrivarci per prima”. Perché qualcuno che non abbiamo mai visto ha avuto la brillante idea di introdurre una cosa che non abbiamo mai visto. Insomma una banconota che - a livello pratico e soprattutto legale – non ha alcun valore intrinseco. Quindi non pensate di andare furbamente in qualche negozio del centro – ormai pochi, a dire vero – o nel supermercato di fiducia, per poi finire con il pagare con un carico da novanta come questo. Poiché – lo ripeto per chi fosse rimasto magari un pochino basito dalla notizia in sé – la banconota non vale assolutamente niente. Nulla, zero. Fine. Anzi no, ancora una cosa. Un’ultima domanda: “E allora perché?”, si staranno chiedendo in molti. Perché è presto detto, in due parole, forse tre: volete mettere la sensazione che si ha nel girare con un portafogli gonfio fino al midollo di denaro fumante? Forse per alcuni una sensazione assai dimenticata. Come quelle cose che sanno di buono e di nuovo assieme. Presente la torta della nonna? Ecco, ma adesso un piccolissimo appunto. Primo, che per ricevere 10 banconote, un cittadino italiano dovrà versare la somma di un Euro. Più iva, naturalmente. Secondo, in alternativa, aspettare che vi arrivino gratuitamente a casa per posta. E a carico vostro, ovviamente. Ma mi pare anche ingiusto. O forse no? (il Novellista)

In copertina: l’oggetto del desiderio.

martedì 15 maggio 2012

Il killer perfetto? È quello che uccide


Il killer perfetto? È quello che uccide
Di giovedì, all’ora di pranzo. Per spiegare quello che ha appena dichiarato alle nostre telecamere il killer più bravo del mondo. E subito uno scoop: è di sesso femminile, signori miei. O per meglio dire, “donna a tutti gli effetti”. Che durante l’ultima diretta, allo “spiegaci un po’ meglio cosa fai per vivere”, ci ha così risposto, testuali parole: “Allora, per prima cosa mi butto sulla preda, con tutta la ferocia e con tutta la cattiveria possibile. Quindi la osservo per bene nei minimi particolari, e infine con un colpo secco di mannaia – perché la mannaia ci vuole – gli porto subito via la testa. O un arto, è uguale. Che tanto alla fine – come si dice - è il succo quello che conta, o no? Perché l’importante nella vita è una cosa sola: essere solamente un pochino truculenti. E io, modestamente, lo sono fino al midollo. Quando dico che “boom!”, dopo quarantacinque colpi netti… la mia vittima è ormai bell’è che pronta. Pronta e frollata per bene. Roba che ci manca solo un pizzico di sale, come si suol dire. Quindi lo ripeto ancora una volta, per chi magari era un pochino distratto: che basta solo un colpo secco dietro alla nuca e… Voilà, il gioco è fatto. Per dire che io lavoro sempre ed esclusivamente così. Da sola”. Punto. Per la serie, “nessun complice: nessun reato”. Mentre noi rispondiamo a chi ci ha giustamente scritto, chiedendoci di spiegare per bene come funzionano certe cose. Detto questo, io vi rimando alla prossima puntata de “come cucinare il pollo alle mandorle in cinque semplici mosse”. Perché, cosa avevate capito? Ah, dimenticavo. E un caro saluto a Cesira, la nostra amica cuoca. Sempre disponibile e sempre presente, con la sua infallibile mannaia. Forse un po’ troppo affilata. O forse no? (il Novellista)

In copertina: il vaccino per la vittima.